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N’aucedduzzo

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N’AUCEDDUZZO

Cumm’à n’aucedduzzo
caruto ra nu niri
sott’à l’irmici re na casa vecchia
re la via Filippo Patella,
sotto à li scaluni re preta viva,
ca’ portano a lu’ centro storico,
la parte re chistu paese
ca’ se specchia rint’àlu mari,
assettata annanti a ‘nu purtone
re legno re noce carulato,
cu’ ‘nu tuozzulo ca penguliava
ra’ lu seculo passato,
‘na criaturedda ra la pelle scura,
ca’ nun parlava manco ‘a lengua nosta,
prujeva la mano a li passanti
chierenno ‘a carità.
Me scutrullaje li sacche re lu cauzone
e accugliette tutt’è spicciule ca’ tenìa.
S’inghette e spicciuliddi re’ poco valore
la manzolla re la criatura ca nun canuscìa
e me rialava ‘nu surriso triste,
ca’ quanno lu penzo
me mettesse a chiangere.
Quanno turnai nun la truao cchiù.
S’era sparuta e cchiù nun l’ancuntrao.

Catello Nastro


TRADUZIONE AD SENSUM
Come un uccellino caduto dal nido posto sotto tegole di un palazzo antico di Via Patella, prima degli scaloni che danno accesso al centro storico di Agropoli, la cui origine si perde nel tempo, uscendo da casa incontrai una bambina extracomunitaria che chiedeva umilmente la carità ai passanti. Rovistai nelle tasche e raccolsi tutte le monetine, gliele porsi e lei contraccambiò con un sorriso triste, che il solo ricordo mi fa scappare le lagrime. Quando rientrai a casa non la trovai più!

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